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foto: "Da Parigi verso Dumont d'Urville"
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Lasciamo
Parigi-Orly il 1° dicembre 1972 alle 10.00 ma in seguito ad una tappa non
prevista dovuta a un guasto sull'aereo, non arriveremo a Hobart, Tasmania (Australia)
che il lunedì 4 dicembre alle ore 20. Il Thala Dan salpa la mattina, verso le
10, il mercoledì 6 dicembre. Qualche problema tecnico sulla nave fa che non
lasceremo il canale d'Entrecasteaux che la mattina del giorno successivo. A
causa di un mare assai mosso, nei primi giorni, l'andamento è piuttosto lento.
Il 15 dicembre, stiamo ricercando larghi iceberg tabulari per sistemarvi due boe.
Sarà solo il 16 che arriveremo sull'orlo di un pack abbastanza compatto in
vista del continente antartico.
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Il 2 dicembre 1972, nel aeroporto
di Bahrain durante lo scalo, un membro della nuova squadra IONO (23°
missione) si
rilassa bevendo il tè. |
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Il venerdì 1° dicembre 1972,
partiamo da Parigi-Orly con una Caravelle di Air France che ci porta a
Roma. Lì, imbarchiamo su un Boeing 747 della compagnia australiana Qantas
che ci trasporterà fino a Sydney, in Australia, dopo tre scali (Bahrain,
Bangkok e Singapore). Poi un Boeing 727 dell'ANSETT-ANA ci porta a
Melbourne e alla fine arriviamo a Hobart con un Douglas DC 9 della TAA. Vi
ritroviamo il Thala Dan con il quale raggiungeremo la base Dumont
d'Urville in Antartide e torneremo a Hobart alla fine del soggiorno.
Proseguirò, dopo, il mio giro del mondo visitando la Nuova Caledonia e il
Messico prima di tornare in Francia. |
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E' la prima volta che viaggio su un
Boeing 747 e apprezzo la differenza con i DC 8 o i Boeing 707 dei viaggi
precedenti perché, in lunghi percorsi come questo, le file dei sedili
più distanti lasciano più spazio per stendere le gambe e il doppio
corridoio permette di spostarsi più facilmente quando si è stanchi di
rimanere seduti. Al contrario negli aerei con un solo corridoio, questi è
spesso occupato dai carrelli del personale di cabina che distribuisce
bevande o pasti. |
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Voliamo verso est, cioè
andiamo incontro al sole, e dobbiamo azzerare le dieci ore di differenza
tra Paris e Sydney durante la durata del viaggio, perciò le giornate si
trovano accorciate. Siccome l'adeguamento dell'ora si fa prima di ogni
scalo, ci sembra di stare a mangiare continuamente, al contrario dei voli
verso ovest dove le giornate durano più di 24 ore e i pasti sono meno
frequenti. |
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Due ore dopo aver lasciato
Singapore, il pilota ci annuncia che a causa di un guasto su uno dei
quattro reattori dobbiamo tornare a Singapore. Due ore dopo, verso
mezzanotte, atterriamo e, dopo veloci formalità di polizia, dei pullman
ci conducono in un confortevole albergo dove possiamo fare la doccia e
dormire in un letto. Questo scalo imprevisto durerà una ventina di ore e
ripartiremo solo il giorno dopo verso le 19. |
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L'indomani dopo pranzo, con tre
camerati, negoziamo con l'autista di un taxi perché ci faccia visitare la
città durante il pomeriggio.
Sulla foto, un banano. |
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L'ingresso del Tiger Balm Garden. |
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Un gruppo di giovani nel Tiger Balm
Garden. |
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Una strada nel quartiere cinese.
Non si vede ancora nessuna evoluzione da quando sono passato nel 1968.
Sarà diversi anni dopo che succederà. |
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Numerosi sampan sono ancora lì, nel canale.
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Questo uomo manda avanti il suo
sampan spingendolo con un palo che appoggia nel fondo del canale. Ciò fa
veder che il canale non è molto profondo. |
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Finiamo la nostra visita nel
giardino botanico nel mezzo di alberi tagliati in forma di animali.
Torniamo dopo nel albergo dove i pullman ci riportano all'aeroporto e dove
ci confermano che l'aereo è riparato e che possiamo proseguire il viaggio.
Questo scalo imprevisto, nonostante tutto,è stato molto piacevole perché
ci ha permesso di tagliare questo lungo viaggio in due, di riposarci e di
visitare Singapore. |
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Arriviamo a Hobart solo il lunedì
4 dicembre verso le ore 20, cioè con uno giorno di ritardo. Imbarchiamo
la stessa sera ma il Thala Dan non salperà che il mercoledì verso le 10.
Il martedì possiamo passeggiare nella città. Una cosa molto piacevole,
quando si arriva a Hobart in dicembre, è che ci troviamo nella stagione
delle ciliege e delle fragole. Ne approfittiamo per comprarne, per
riempirci la pancia, sul mercato vicino al porto. |
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Il mercoledì 13 dicembre, dopo
qualche giorno di mare più o meno mosso, incontriamo i primi ghiacci. |
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Costeggiamo una placca di ghiaccio
sul quale si trovano due foche cancrivore. Queste foche rimangono di
solito lontano dalla costa, al limite del pack, però se ne possono vedere
ogni tanto verso la fine dell'inverno, sul ghiaccio di mare, non troppo
lontano dalla base. |
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Una delle due boe che dobbiamo
sistemare in cima a degli iceberg. Nel contenitore blu si trova il sistema
elettronico che permette di dialogare con il satellite del programma EOLE
che rileva la posizione della boa. La cassa di legno contiene delle pile
di grande capacità che si avviano riempiendoli con dell'acqua. Il tripode
metallico sopporta un'antenna. Ogni boa verrà ancorata saldamento sulla
superficie di un iceberg. |
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Durante la giornata del 15 dicembre
giriamo alla ricerca di due larghi iceberg tabulari, simili a quello della
foto, per sistemarvi, grazie a l'elicottero, ognuna delle due boe. Una boa
di questo tipo, messa a posto l'anno scorso, alla fine della campagna d'estate,
in marzo 1972, a permesso al satellite EOLE di seguire un iceberg durante
più di un anno. Lo scopo dell'esperimento EOLE era di studiare le
correnti atmosferiche, ogni boa essendo sistemata sotto un pallone
derivante ad alta quota. L'idea di mettere delle boe in eccedenza su degli
iceberg permette di migliorare la nostra conoscenza delle correnti marine
attorno all'Antartide. La maggior parte dell'iceberg si trova sotto la
superficie del mare, la sua deriva perciò non è influenzata dai venti,
ma dipende soltanto dello spostamento della massa d'acqua in cui sta
galleggiando. |
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