Album foto: "Katmandu"

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Arriviamo a Calcutta (India) alla sera del giovedì 18 aprile 1968. Il giorno dopo andiamo all'ambasciata del Nepal per chiedere un visto (non si poteva ottenere dall'Australia). Il sabato 20 aprile, facciamo modificare il nostro biglietto aereo in: Calcutta - Katmandu - Pokhara - Katmandu - New Delhi - Parigi. Non useremo la parte Calcutta - Katmandu. Compriamo i biglietti del treno, cuccette di terza classe (in legno), per andare fino a Benares. I treni in India sono più veloci e confortevoli che in Malesia o Thailandia e stendendo i nostri sacchi a pelo sulle cuccette, possiamo riposarci un po'... A Benares compriamo un biglietto per Raxaul, sul confine nepalese. Mentre facciamo tre ore di fila, per riservare di nuovo delle cuccette, scorgiamo un uomo già intravisto al YMCA* di Singapore. Nel posto di dogana di Raxaul, lo vediamo di nuovo e, parlando con lui, scopriamo che si chiama Yves Gervais ed è francese. Proseguiamo in pullman fino a Katmandu dove ritroviamo Yves e possiamo parlare a lungo con lui, ha 53 anni, viaggia da 14 anni, si ferma per lavorare, quando non ha più soldi, poi riprende il suo viaggio scattando tante foto. Quanto a me, non ho scattato una sola foto a Calcutta, c'era troppo miseria nelle strade, perfino dei morti la mattina sui marciapiedi. 
(*) YMCA: Young Men Christian Association - Alberghi dell'associazione dei giovani cristiani (solo per gli uomini) che si trovano nelle grandi città nei paesi anglo-sassoni come l'Australia e anche in Asia. Sono a prezzo moderato e ci siamo andati a Hobart, Sydney, Singapore, Bangkok, Calcutta e New Delhi. Esistono anche gli alberghi della YWCA (Young Women Christian Association) per le donne, ma non sono sicuro che siano altrettanto numerosi.

Partiamo in treno da Calcutta, tardi la sera del 20 aprile. Arriviamo a Benares (Varanasi per gli Indiani) a fine mattinata, il giorno dopo. Ne ripartiamo alla sera del 22 aprile. Dobbiamo cambiare due volte di treno, a Muzaffarpur, poi a Sagauli, per arrivare a Raxaul, in fine pomeriggio, il 23 aprile. Dopo aver passato il confine nepalese, presto la mattina del 24 aprile, ripartiamo in Pullman per Katmandu dove arriviamo in fine pomeriggio.
Benares, una delle sette città sacre dell'Induismo, venerata anche dai buddisti. Siamo sulla riva del Gange. Ogni mattina all'alba, i pellegrini induisti scendono uno dei questi "ghat" (larghe scalinate) per compiere le proprie abluzioni nelle acque sante del fiume. Su alcuni di questi ghat si fanno cremare cadaveri, all'aperto, e le ceneri vanno sparse nel Gange. E' così che ogni Induista desidererebbe finire dopo la sua morte.
Il pullman che ci porta dal confine nepalese, di fronte a Raxaul (India), fino a Katmandu. Siamo partiti la mattina verso le 7.00. Abbiamo seguito un torrente e, qualche volta, la strada spariva sotto una frana e il pullman doveva proseguire sulla ghiaia nel letto del torrente che attraversava diverse volte a guado. Fortunatamente l'acqua era poco profonda. Ci fermiamo per il pranzo verso le 10.30. Poi una lunga salita con tanti tornanti ci permette, verso le 13.00, di raggiungere il passo, a più di 2000 metri d'altitudine. Dopo una discesa altrettanto impressionante arriviamo nella valle di Katmandu e ci fermiamo finalmente verso le 17.00 nella capitale nepalese.
Un mercato a Katmandu... Abbiamo ritrovato Yves Gervais che soggiorna nel nostro stesso albergo. Trascorreremo diverse serate a parlare lungamente con lui... Abbiamo fatto la domanda per un "trekking permit" per andare da Pokhara a Jomosom e per prolungare di quindici giorni il nostro visto per potere fare questo trek.
Un mercante a Katmandu… Anche qui noleggiamo delle biciclette, ma soltanto alla giornata, quando vogliamo andare in giro fuori della città, senza uscire della valle, però, perché non ce la saremmo sentita di affrontare le salite, specialmente con queste vecchie bici. Sono riuscito a comprare, in un negozio, due altre pellicole di Kodachrome II, così ho quasi compensato il furto di Chiang Mai. Abbiamo anche comprato delle scarpe "jungle boots" le uniche che abbiamo trovato e che ci sembra adatte per il trek. Fino adesso abbiamo usato dei "thong"* ciabatte come la grande parte degli abitanti dei paesi che abbiamo visitati.
(*) Thong ciabatte: vedere l'ultima foto di questa pagina
Un'impalcatura in bambù che fa un po' paura. Si vede che non ci sono gli stessi regolamenti di sicurezza per i cantieri edili a Katmandu che nei nostri paesi. Non è che il bambù non sia un materiale molto resistente, ma sono i mezzi di protezione per i lavoratori che sono inesistenti.
A pochi chilometri da Katmandu, su una collina, visitiamo lo Stupa di Swayambunath. E' uno dei più vecchi templi buddisti. Si ci accede salendo una scalinata con più di 300 scalini. In cima alla scalinata, un grande Vajra (a destra sulla foto) protegge l'ingresso del tempio. I fedeli girono attorno allo stupa nel senso orario facendo girare i mulini a preghiera (se ne vedono sotto un piccolo tetto rosso nel mezzo della foto). Ci sono anche dei piccoli templi dove i fedeli fanno bruciare dei bastoncini di incenso e depositano delle offerte di cibo (riso, frutta, ecc.) che vengono mangiare le numerose scimmie presenti nel tempio.
Nel centro del tempio, lo stupa dove sono conservate le reliquie, consiste in un duomo bianco sormontato da una torre dorata con gli occhi del Buddha che guardano nelle quattro direzioni: Nord, Est, Sud e Ovest. Il disegno somigliante a un punto interrogativo nel mezzo sotto ogni paio d'occhi è la cifra "1" in Devanagari*. Simbolizza l'unità e l'unica via per raggiungere l'illuminazione seguendo l'insegnamento del Buddha. 
(*) Devanagari: alfabeto di numerosi lingue dell'India antica e moderna, come sanscrito, hindi e nepali.
Con le biciclette, Yves, André ed io siamo andati a visitare la città vicina di Patan. I numerosi templi sono generalmente di mattoni e di legno scolpito, come sulla foto. Ci sono anche molti negozi che vendono gioielli, scatoline ed altri oggetti artigianali in metallo con incrostazione di pietre semi-preziosi.
Sulla piazza di Durbar Square, dove si trovano diversi templi, nel cortile del tempio di Mul Chowk (antico Palazzo Reale), a Patan.
Sculture di divinità induisti sotto il tetto del tempio di Mul Chowk, a Patan
Due bambine e la loro madre in una via di Patan.
In cima alla colona, la statua di Garuda, davanti ad un tempio della piazza di Durbar Square, a Patan.
Sempre in bicicletta, siamo andati a visitare l'altra città importante della valle di Katmandu: Bhadgaon (Bhaktapur). Sulla foto, un ragazzino che si è proposto di farci da guida per qualche monetina.
Una via di Bhadgaon. Si vede un uomo che porta un carico. Usa un bastone appoggiato sulla spalla. Ad ogni estremità di questo bastone è sospeso una cesta che contiene la roba da trasportare... Invece, nelle montagne, i Nepalesi trasportano carichi molto pesanti sulla schiena, il carico è mantenuto da una cinghia appoggiata sulla fronte del portatore. Una volta durante il trek, abbiamo visto trasportare così un uomo malato, seduto su una sedia.
Il tempio di Nyatapol, a Bhadgaon… Siamo tornati un'altro giorno a Bhadgaon, con Yves, in pullman la mattina presto. Questa città è il punto di partenza del sentiero che sale a Nagarkot, a 2300 metri di altitudine. Speriamo di poter vedere le montagne che, in questa stagione, sono generalmente nascoste dalle nuvole.
Un bellissimo albero, lungo il cammino che porta a Nagarkot.
Una donna nepalese sulla soglia della sua casa, sul cammino di Nagarkot. Le abbiamo chiesto, a gesti , il permesso di scattare una foto di lei e le abbiamo dato qualche moneta per ringraziarla.
Campi in terrazze lungo il cammino. Siamo saliti ad una quota più alta poi siamo scesi verso il piccolo villaggio di Nagarkot dove siamo arrivati verso mezzogiorno e dove abbiamo trovato dei letti nel dormitorio di un piccolo albergo. Nel pomeriggio, è piovuto un po' e le montagne sono rimaste nascoste dalle nuvole.
La mattina seguente ci siamo alzati alle 5, sperando una schiarita che ci lasci vedere le alte cime dell'Himalaya. Per qualche minuto, abbiamo potuto intravedere una parte delle montagne poi le nuvole sono tornate. Aspetteremo il nostro prossimo trek per vederle meglio da più vicino, anche se non saranno le stesse cime… Di ritorno a Katmandu, ci siamo resi conto che le nostre scarpe non sono così adatte per le lunghe camminate perché ci hanno lasciato diverse vesciche ai piedi che ci daranno molto fastidio durante il trek perché si saranno infettate.
A proposito delle scarpe: Questo è stato il nostro punto debole, invece avrebbe dovuto essere preparato con cura per poter fare il nostro trek nelle condizioni migliori. Avremmo dovuto comprare scarpe di buona qualità, adatte alle lunghe camminate in montagna, quando eravamo in Australia ed usarle ogni tanto per abituarci a portarle e non arrivare nel Nepal con scarpe nuove. Invece siamo rimasti due mesi con degli infraditi nei piedi (vedi foto), cioè quasi con i piedi nudi e abbiamo comprato a Katmandu delle "jungle boots" in gran parte di gomma che non lasciavano traspirare i piedi. Camminare in infraditi, dopo Nagarkot, nelle strade sporche di Katmandu ha avuto come risultato che le nostre ferite si sono infettate e la difficoltà di trovare, sul posto, dei mezzi efficaci per curare queste ferite non ci ha aiutati.

 

 

 

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