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foto: "Da Singapore verso Bangkok"
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André
Santu ed io abbiamo lasciato Hobart il 7 marzo 1968. I nostri parenti hanno
mandato da Parigi dei biglietti aerei di tipo "open" per andare da
Hobart a Parigi con soste a: Sydney, Singapore, Bangkok, Calcutta, Katmandu e
Nuova Delhi. Siccome non faremo in aereo certi tratti (Singapore - Bangkok e
Calcutta - Katmandu), proveremo a negoziare durante il viaggio con le compagnie
di trasporto per fare aggiungere i tragitti Bangkok - Phnom Penh - Bangkok e
Katmandu - Pokhara - Katmandu che non era stato possibile comprare a Parigi.
Arriviamo a Singapore l'otto marzo e proseguiamo in treno verso Bangkok, con
diverse soste in Malesia e in Tailandia.
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Partiamo da Singapore in treno (terza
classe) la mattina del 12 marzo, ci fermiamo alla sera a Kuala Lipis.
Ripartiamo la mattina del 14 marzo per fermarci nel pomeriggio a Tumpat,
vicino al confine tailandese. Ne ripartiamo il 16 marzo alle 4.30 della
mattina. Dopo una sosta di sei ore, verso mezzogiorno a Hat Yai (aspettando
la coincidenza tra due treni), arriviamo finalmente a Chumphon, alle 6.45
la mattina del 17 marzo. Le locomotive a vapore usano la legna nella loro
caldaia (ce n'è un grosso mucchio in ogni stazione) e i treni sono
lentissimi (velocità media, includendo le fermate, di 40 km/h circa). |
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Singapore: nel quartiere cinese.
(Ai giorni nostri, Singapore è diventata una città modernissima piena
di grattacieli dove non si può lasciare cadere un pezzo di carta senza
avere une multa. Del quartiere cinese rimane solo una strada piena di
negozi di souvenir o di antichità) |
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Singapore: Sampan sul canale,
usati per il trasporto delle merci e anche come abitazioni galleggianti.
(Sono spariti anche loro. Già nel 1988, l'ultima volta che mi sono
fermato a Singapore, non c'era più un solo sampan sul canale) |
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In treno in Malesia. Avendo un
budget limitato e anche per vedere più da vicino la gente locale
viaggiamo in terza classe. I sedili sono di legno e non ci sono vetri ai
finestrini, solo un'imposta di legno che si può chiudere. Questo permette
ad André, approfittandosi che il treno sia fermo in una stazione, di
sporgersi per guardare attorno. |
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Kuala Lipis. Abbiamo lasciato i
nostri zaini in un piccolo albergo e iniziamo a camminare per visitare la
città quando un violento rovescio di pioggia ci piomba addosso. Ci siamo
rifugiati sotto questo riparo fino a quando ha smesso di piovere. |
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Il fiume Lipis che ha dato il suo
nome alla città Kuala Lipis ("kuala" significa confluente). Si
vedono molte abitazioni sulla riva del fiume. |
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Si vedono meglio le abitazioni
sull'altra riva del fiume. Queste abitazioni possono galleggiare. Il cielo
rimarrà nuvoloso tutta la serata anche se non ricomincerà a piovere. Il
giorno dopo il tempo è più bello e André farà persino un bagno nel
fiume, sotto gli sguardi diverti di numerosi bambini. |
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Una strada di Kuala Lipis.
Ritroviamo su questa foto i rappresentanti dei tre principali gruppi
etnici che compongono la popolazione della Malesia: il bambino al primo
piano è tipicamente di tipo malese, la ragazzina sulla destra, al secondo
piano, è del tipo cinese e l'uomo che cammina dietro è di tipo indiano. |
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In treno tra Kuala Lipis e Tumpat.
Lungo la ferrovia, uno sfruttamento delle risorse forestali. Dietro, una
tipica collina calcarea come ne abbiamo viste più volte durante questa
giornata di viaggio. |
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Tronchi d'alberi pronti ad essere portati via. Il tek essendo un legno
molto sfruttato in Malesia, questi tronchi potrebbero essere di questa
essenza.
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Una spiaggia alla foce d'un fiume a
Tumpat. E' molto sporca e non da voglia di fare il bagno. Guardando dei
pescatori spingere una barca per rimetterla in acqua, abbiamo imparato a
contare fino a tre in malese e quaranta anni dopo mi sembra di ancora
sentire quello che hanno ripetuto tante volte: "Satu! Dua! Tiga!" |
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Oggi, venerdì 15 marzo, è un
giorno festivo in Malesia dove la popolazione è maggiormente musulmana.
Abbiamo incontrato dei giovani, con i quali abbiamo parlato, in un
villaggio di pescatori e ne ho fatto una foto di gruppo. Ci hanno dato un
indirizzo dove potrò mandare la foto una volta tornato in Francia. |
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Ho fatto una seconda foto con dei
più piccoli. Dietro, seduti, ci sono anche alcuni più grandi. C'è
persino André che si è seduto con loro. Manderò anche questa foto
assieme alla precedente. |
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Una strada nel villaggio dei
pescatori vicino a Tumpat.
Pensavamo partire questo venerdì alle 4.30 del pomeriggio, ma non avevamo
guardato bene gli orari. C'era scritto "4.30 a.m." cioè della
mattina (ante meridiem = prima di mezzogiorno) e non "4.30 p.m."
(post meridiem = dopo mezzogiorno). Cominciamo, dunque, la notte nella
sala d'attesa poi il capo stazione, con chi abbiamo parlato a lungo, ci
propose di andare a dormire in una carrozza, ferma su di un binario. Non
riusciremo a chiudere un occhio a causa delle zanzare che ci hanno
letteralmente divorati. |
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Siamo entrati in Tailandia alle 6
della mattina il 16 marzo. Quello che ci ha colpiti subito è la scrittura
incomprensibile per noi, quasi nessun avviso in inglese e poca gente parla
questa lingua. Dopo un ultimo tratto di dodici ore (per percorrere 500
km), in piedi, in un treno super affollato, siamo arrivati il 17 marzo
alle 6.45 della mattina a Chumphon. Abbiamo dormito il resto della mattina
e parte del pomeriggio.
Il giorno dopo, andiamo in bus a vedere la spiaggia di Pak Nam Chumphon
distante 10 km.
In barca, nella foce d'un fiume, costeggiamo dei magazzini su palafitte. |
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Abbiamo parlato, ieri, con delle
negozianti cinesi che stavano studiando l'inglese. Ci hanno dato un inizio
di vocabolario tailandese. I numeri e qualche espressione usuale
("Tao rai?": quanto? - "Kup koon": grazie - "Sawat
dee": ogni forma di saluto). Dobbiamo imparare un minimo di parole
indispensabili per sopravivere lontani dalle grandi città.
Arriviamo ad una lunga spiaggia di sabbia completamente deserta. |
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Lungo la spiaggia ci sono parecchi
cocchi e qualche abitazione. |
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Una barra rocciosa termina la
spiaggia e dietro c'è un'altra spiaggia ancora più tranquilla. Abbiamo fatto il bagno su
questa seconda spiaggia. Dopo, qualcuno ci ha detto che ci sono dei
serpenti su queste spiagge. Fortunatamente, non ne abbiamo visti… |
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Il coloro rossastro di questa roccia
forata mi ricorda la laterite* dell'Africa Centrale.
(*) Laterite: Roccia sedimentaria color mattone formata da idrossido di ferro e di
alluminio, frequente nelle regioni tropicali. |
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